Viaggiare insegna e tanto, e se sei attento a cogliere tutti quei piccoli particolari, che il più delle volte fanno la differenza negli occhi di chi li guarda, ti arricchisci e migliori te stesso.
Itinerario programmato, partenza di buon ora perchè le cose da fare son tante, le tappe e i posti da scoprire troppi! Dopo circa tre ore di autostrada la lasciamo per immergerci nelle cosiddette crete senesi, tutto intorno i colori del marrone da quello chiaro della terra a quello più scuro di mattoni delle case; unica nota “dissonante” e perenne i viali di cipressi sempreverdi.

Un continuo susseguirsi di piccole colline, un’ondeggiare tra dune di terra nostra ed i cipressi ad indicar la via di casa.
Con lo sguardo ancora imbarazzato da cotanta bellezza arriviamo nel centro storico di Montalcino e capiamo subito che questo paesino non è solo vino ma anche arte, cultura. Ci troviamo ai piedi della Rocca; fortezza del 1300, maestosa, imponente e dai suoi bastioni si gode una vista impagabile su tutta la Val d’Orcia. Ancora incantati ci perdiamo nel dedalo dei vicoletti sino ad arrivare nella piazza del Popolo, continuiamo a girare a zonzo fermandoci nei tanti negozietti, enoteche e wine bar che ci sono.
“La vita è troppo breve per bere vini mediocri”
Goethe.
Di vini mediocri in giro ce ne saranno tanti, ma quando sulla bottiglia leggi Brunello di Montalcino hai la sicurezza che il contenuto ne val una bevuta.
Mentre sorseggiamo un buon calice di rosso, rigorosamente! contattiamo il nostro b&b “Antiche Dimore Vescovado”(#dimore_vescovado) a Murlo (frazione di Montalcino) per dare conferma del nostro arrivo in tarda serata; ne vien fuori una chiacchierata con il nostro host, con suggerimenti e ottime dritte. Ne seguiamo una senza alcun tentennamento; ci fa il nome di una piccola tenuta con cantina che si trova poco fuori da Montalcino; così dal centro storico riprendiamo la macchina, ci rimettiamo in strada e cerchiamo “Paradiso di Cacuci”. Ci ritroviamo nell’intreccio delle famose strade bianche della toscana, conosciute in tutto il mondo, caratterizzanti questa particolare zona toscana e che mi risultano incomprensibili. Si snodano tra filari e filari di lussureggianti vigneti, creano un gran polverone anche se si va a passo d’uomo ed alla fine delle tante diramazioni si aprono a casali e tenute spettacolari e per mia fortuna ci si dimentica il disagio.


All’ingresso del podere veniamo accolti da un signore che si stava dedicando al taglio dell’erba del bel prato che circonda tutta la struttura. Chiediamo se possibile visitare la cantina nonostante non avessimo alcuna prenotazione ma solo il suggerimento di un albergatore di loro conoscenza.
Questo il momento che segna l’inizio di una splendida avventura visiva ed emotiva durata qualche oretta ma parsa pochi minuti. Scopriamo ben presto che Marius, il signore che ci ha accolti e ci accompagna, è il manager e non il giardiniere come poteva sembrar a prima vista. Mai lasciarsi ingannare dalle apparenze! Difatti la prima cosa che ci tiene a precisare che lì son pochi ma sono una piccola famiglia dove tutti fanno tutto.
Prima di entrare nella piccola cantina che definirei quasi un caveau ci lascia guardar tutto intorno dove si estendono i loro vigneti. Ci racconta la loro storia, quella attuale e quella che hanno iniziato a vivere dal 2018 dopo l’acquisizione dell’azienda agricola “Paradiso di Mauro Fastelli” una delle prime aziende del consorzio del brunello di Montalcino; si perchè qui, i vitigni si tramandano di proprietario in proprietario ma mai perchè di nuova piantagione. In effetti il disciplinare del brunello vieta l’aumento della superficie vitivinicola, a tutela del gran patrimonio in cui vivono.
Ho imparato, sempre seguendo i dettami del disciplinare, che il Brunello è ottenuto solo da uve di Sangiovese, a chicchi grandi, che va immesso in commercio solo al primo gennaio del quinto anno dopo la vendemmia e che durante questo lungo periodo il vino deve trascorrere almeno due anni in botti di legno e almeno quattro mesi di affinamento in bottiglia. Detta così sembra che tutti a Montalcino facciano lo stesso vino, invece no! Marius ci fa entrare in bottaia e lì si avverte la solennità dei rituali, degli accorgimenti, delle accortezze e delle scelte fatte con amore. Sembrava che quelle botti fossero lì per essere si ammirate ma anche coccolate, idolatrate; in fondo contengono a ben dire il nettare degli dei. Si toccava con mano tutto il lavoro fatto in vigna, tutta la fatica della raccolta, della pigiatura, tutto quanto necessario per metter al sicuro in cantina il raccolto di un anno ma che vedrà luce e assaggio solo dopo ben cinque anni.

La voce di Marius in sottofondo si faceva piccola piccola, non abbiamo osato far domande, non volevamo, nè io nè mio marito, disturbare.
Lasciata la bottaia con un’inchino mentale e con un augurio di buon riposo ci siamo spostati per la degustazione perchè, a ben dire, “fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza” per riportar parole del poeta toscano;
e qui il nostro viaggio visivo e sensoriale riceve una bella scossa. Siamo accolti in un angolo raccolto e riservato solo per noi.
Abbiamo degustato tutti i loro prodotti e nel raffrontarci tra chiacchiere e buon vino abbiamo trascorso quasi due ore alienati dalla realtà e vi assicuro che non è stato a causa dell’alcool. Come tradizione familiare nostra abbiamo acquistato le bottiglie per portarle a casa e tentar di rivivere le emozioni vissute in loco.
Star a descrivere quello che si degusta non è per me; non essendo un intenditrice non userò termini forbiti o ad hoc, ma vi assicuro che è stato un onore assaggiare un prodotto che, come racconta la sua storia, era destinato a pochi eletti. E anche se oggi è diventato un simbolo mondiale del miglior made in Italy, mette un pò a disagio specchiarsi in quel suo color granato intenso, lasciarsi inebriare dal quel particolar profumo intenso, corposo, energico; gustarlo andando alla ricerca di note di sottobosco, di vaniglia, di confettura di frutta addirittura di legno. Eh si! di legno altra caratteristica che lo esalta e che va ricercata pazientemente sin a far abituare le proprie papille gustative a quell’insieme godurioso.
Mi è piaciuto molto anche il “semplice” rosso di Montalcino; da sempre bistrattato e visto come la Cenerentola del caso. Ma, come in tutte le favole, saperle raccontare sa animare anche l’uditore più distratto. Vino, già nell’aspetto, brillante di un rosso rubino coinvolgente, sapido ma molto semplice negli abbinamenti per goderne; come si suol dire di facile bevuta. E’ stata una gran sorpresa.
“Come si ricorda il sapore del vino quando il bicchiere ed il suo colore sono ormai perduti?” con questa domanda poetica ho lasciato la tenuta un pò malinconica ma “sempre pronta ad una nuova idea ed ad un antico vino” mi son lasciata andare in un gran sorriso e in un silenzioso arrivederci.
