Poesia in cucina

“Napoli é il Vesuvio, è il sole cocente, i vicoli e vicarielli, la bella gente, odori e profumi, é pizza, pasta; Napoli é tutto questo e tanto altro”.
Quando porti Napoli sulla tavola di casa, Napoli diventa casa e cucinare diventa emozione, trasporto, passione; difficile a spiegarsi ma è così!
Un famoso letterato, architetto, artista del passato diceva che i napoletani riescono a cavar l’arte dal sole, mettono in quello che fanno tutto il calore del loro sole; come se a Napoli il sole splendesse in maniera diversa!
Non sarà così ma il modo in cui il sole cresce e matura i pomodorini del “Piennolo” é un trattato di pura poesia.
Portarli a tavola, cucinarli é un’esperienza.
Sublimarli con una buona di pasta, un obbligato richiamo!
Vi assicuro che è riduttivo chiamarlo piatto di pasta.
Si, perché quando i pomodorini si chiamano Piennolo del Vesuvio tutto cambia; anche la riverenza nel prepararlo.
D’obbligo dover cucinar con amore, se vuoi che amor risponda.

Nulla di più semplice, nulla di più complicato.
Hai tra le mani la buona tradizione partenopea che il mondo intero c’invidia; un attimo di esitazione verrebbe a tutti.
Come quando si legge sulle confezioni “maneggiare con cura”, così io: cerco di staccare solo i pomodorini più maturi, li lavo con cura e con la padella con olio caldo e uno spicchio di aglio, li stringo tra le mani (per la precisione del termine: “scamazzare” in dialetto napoletano) per aprirli e far uscire la polpa ed il succo: come tradizione vuole.
Sono pomodorini che hanno una buccia molto spessa e la polpa è molto compatta perché asciugata dal caldo sole di Napoli al suo Vesuvio. Grazie al terreno vulcanico su cui sono coltivati hanno un’acidità bella vivace che li contraddistinguono, mai potresti confonderli.
Quando iniziano a cuocersi il loro colore diventa ancora più intenso e ti riporta con la mente al rosso vivo della lava, ai raggi del suole infuocato di agosto, alla gente rumorosa nei vicoli, alle mille voci di panni stesi.
L’odore che si sprigiona é inspiegabile, non si può definire in parole, frasi o concetti circoscritti; vive di amor proprio. Allora mi chiedo: possono semplici ingredienti (pomodorini, aglio, olio) generare tanta bontà?
Forse si, ma metter insieme tutte le giuste note di colore, di suoni, di sapori non è cosa semplice.
Scelgo con cura anche la pasta da abbinare; la chitarra trafilata a bronzo del pastificio Armando con sede ad Avellino dove due semplici ingredienti: il buon grano e la buona melodia fanno dello spaghetto alla chitarra il mezzo per esaltare i miei pomodorini in un’ottima sintonia sinfonica napoletana.
Un’orchestra a casa propria.

Cotto rigorosamente al dente, saltato con il sughetto, una foglia di basilico fresco, qualche goccia di olio a crudo, rigorosamente EVO, un bel piatto di portata ed il gioco é fatto.


A voi il mio spaghetto al pomodorino del Piennolo.
Buon appetito e buona musica; è tutt n’a poesia!

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